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Utopia e stato d’eccezione: tra questi due poli si svolge la storia del «socialismo reale». Un’«infausta spirale» in cui lo stato d’eccezione rilancia l’utopia e questa irrigidisce ulteriormente lo stato d’eccezione. Impietosamente lucido dev’essere il bilancio storico del «socialismo reale». Ma ciò non ha nulla a che fare con la liquidazione sommaria di decenni di storia che, tra errori e crimini, hanno cambiato la faccia del mondo e impresso un forte impulso all’emancipazione delle classi subalterne e dei popoli oppressi. Il bilancio che qui viene proposto non intende tacere nessun errore e nessun crimine, ma neppure rimuovere lo stato d’eccezione permanente che certe scelte soggettive hanno sì aggravato ma non creato dal nulla. Peraltro, un’elementare esigenza di rigore storico impone un minimo di comparatistica: i fenomeni di «totalitarismo» che si sviluppano in URSS devono esser messi a confronto con i fenomeni analoghi che, in quel periodo di tempo, si manifestano negli stessi paesi di tradizione liberale, che pure sono al riparo dallo stato d’eccezione permanente.
Anche a sinistra non mancano quelli che, in analogia e in concorrenza con gli ideologi borghesi, vorrebbero anche loro liquidare la vicenda storica iniziata con la rivoluzione d’Ottobre, ma liquidarla in questo caso in nome dell’utopia o dell’ortodossia marxiana: costoro farebbero bene a riflettere sul fatto che essi presentano come rimedio quello che molto spesso è stata la causa stessa del male.