دانلود کتاب I Big Data e il diritto antitrust
by Mariateresa Maggiolino
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عنوان فارسی: داده های بزرگ و قانون ضد تراست |
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جزییات کتاب
Il volume, articolato in sei capitoli, si apre con un’accurata analisi del fenomeno big data, nei diversi profili di rilevanza – da quello politico, con particolare riferimento ad aspetti quali il rischio di manipolazione dell’informazione, la gestione di grandi quantità di dati personali, e dunque la protezione dell’identità dell’individuo, a quello economico, con specifico riguardo alle possibili forme di uso strategico dei big data e alle conseguenze che da ciò possono derivare.
L’a. quindi muove verso una progressiva contestualizzazione del problema dei big data in ambito antitrust, partendo da una netta scelta di fondo quanto all’identificazione della funzione del diritto antitrust (ravvisata nella protezione della concorrenza intesa come processo dinamico idoneo a influenzare il benessere del consumatore finale) e all’approccio analitico ottimale per la valutazione delle implicazioni antitrust del fenomeno big data (segnatamente, un approccio effects-based, che tenga conto dell’incidenza in concreto della condotta esaminata sul processo concorrenziale).
Sullo sfondo, lo sviluppo argomentativo dell’a. sembra percorso dal convincimento per cui il controllo antitrust (anche) in materia di big data non debba risolversi in un intervento conformativo del mercato, nei suoi aspetti strutturali e funzionali, ma che, al contrario, debba limitarsi a una funzione correttivo-ripristinatoria delle dinamiche concorrenziali eventualmente alterate da condotte distorsive di varia natura.
Cruciale nelle riflessioni dell’a. è l’analisi della correlazione tra big data e potere di mercato
Al riguardo, l’a. chiarisce, sin dalle prime pagine del volume, che l’equivalenza big data/potere economico dell’impresa che li detiene non debba assumersi come dato inconfutabile, ma al contrario, debba essere valutata – secondo l’approccio tipico dell’analisi antitrust – caso per caso, specialmente perché – continua l’a. – il vantaggio competitivo associato ai big data potrebbe derivare non solo, o non tanto, dalla detenzione in sé di tale risorsa, ma piuttosto dagli investimenti specifici che la singola impresa realizza per estrarre, dal complesso di dati, le informazioni e le conoscenze utili per uno sfruttamento strategico, eventualmente anche dall’esito anticoncorrenziale, della risorsa medesima.
L’enfasi posta sul “potere di mercato” sembra sorretta dalla consapevolezza (che rimane premessa implicita al ragionamento dell’a., ma coerente con la prospettiva analitica effects-based suggerita) per cui l’emersione di effetti distorsivi reali o potenziali presuppone, in tutte le fattispecie di rilevanza antitrust, l’esercizio, in forma individuale o collettiva, di un potere di mercato.
L’analisi si concentra, quindi, sulle possibili condotte distorsive della concorrenza associate ai big data, nella doppia forma di: i) condotte anticoncorrenziali che intervengono in fase di “formazione” dei big data; ii) condotte anticoncorrenziali che intervengono in fase di “sfruttamento” dei big data.
Alla prima categoria sono da ascriversi, per es., i fenomeni concentrativi che hanno interessato soggetti economici titolari di big data (tra i più noti, Google-Double Click; Facebook-WhatsApp; Microsoft-Yahoo), operazioni che l’a. esamina dando atto dell’atteggiamento complessivamente permissivo dei decisori europei e statunitensi, a conferma dell’opportunità di una valutazione caso per caso delle fattispecie antitrust relative a big data, e scevra da pregiudizi di anti-concorrenzialità per se delle aggregazioni di dati.
Nella seconda categoria sono, invece, ricomprese fattispecie di per sé tipiche del controllo antitrust – e segnatamente, pratiche concordate, abusi escludenti o abusi di sfruttamento – che, tuttavia, assumono caratteristiche peculiari quando hanno ad oggetto big data. Ampio spazio, al riguardo, è riservato, per es., al rischio di collusione tacita realizzata mediante algoritmi, o anche alla possibilità di qualificare i big data come “risorsa essenziale”, con la conseguenza di connotare come “abusivo” il rifiuto di condivisione della risorsa, prospettiva quest’ultima pure sostenuta nella letteratura scientifica sull’argomento, ma che l’a. ritiene poco persuasiva soprattutto perché si scontra con la difficoltà di definire in modo appropriato (e, sembrerebbe, con effetto non regolatorio), le condizioni di un eventuale obbligo a contrarre.
Il volume si conclude con riflessioni più generali quanto all’approccio ottimale al “governo” del fenomeno dei big data, riflessioni orientate nel senso di attribuire al controllo antitrust una funzione di intervento correttivo e a carattere puntuale su specifiche condotte di mercato aventi ad oggetto big data, e di spostare su un piano propriamente regolatorio – e quindi, politico – più incisive e più ampie forme di intervento sul funzionamento e sulle modalità di sfruttamento dei big data, specialmente per i profili di rilevanza politico-sociale.