دانلود کتاب Le nuove frontiere dell’acquisizione degli elementi di prova nel cyberspace

L’evoluzione tecnologica continua a sfidare il processo.
Mentre rimangono carenti, nella pratica giudiziaria, la cultura della prova digitale e l’adozione delle procedure necessarie a garantirne la genuinità, le frontiere aperte dal cloud computing, dall’outsourcing e dalla distribuzione in rete dei servizi informatici irrompono nell’ordinamento e prospettano problemi la cui soluzione non sarà agevole: tanto più nella dimensione globalizzata e delocalizzata di questi fenomeni, che nel carattere nazionale dei sistemi processuali, specie penali, non trovano corrispondenza.
In pochi anni, i “nuovi mondi tecnologici” da esplorare descritti a cura di IISFA in un primo volume del 2011, significativamente intitolato “Gli accertamenti informatici nelle investigazioni penali: una prospettiva europea” sono divenuti, di fatto, l’espressione quotidiana del vivere economico e sociale, a livello planetario e non solo europeo. Le deviazioni criminali che ne discendono trovano spesso, però, risposte insufficienti o parziali: tanto sul piano sostanziale quanto su quello delle dinamiche processuali.
Le modifiche in tema di contrasto al terrorismo internazionale intervenute con la legge 17 aprile 2015 n. 43 sono state, in ordine di tempo, l’ultimo banco di prova di questa necessità di soluzioni condivise, idonee a “fronteggiare” le tecnologie. Alla stregua di cittadini e imprese, anche i criminali hanno a “portata di cloud” un numero potenzialmente illimitato di informazioni; ricorrono al computer ed agli apparati di comunicazione digitale per commettere reati; e sperimentano modalità inedite di consumazione delle attività illecite, anche “tradizionali”, seppur lasciandone digitalmente traccia.
E se risulta ormai imprescindibile, in qualsiasi tipologia di indagine, acquisire, analizzare e conservare tali tracce accedendo direttamente ai “dispositivi” utilizzati nell’agire penalmente illecito, quindici anni dopo la Convenzione di Budapest (i cui obiettivi sono ancora lungi dall’essere pienamente realizzati) nuove ed importanti questioni si profilano all’orizzonte: prime tra tutte quelle dei conflitti di giurisdizione (luogo ove si svolgono le indagini vs. luogo ove sono allocati i dati) e del bilanciamento tra esigenze investigative, libertà di accesso alla Rete e tutela della privacy.
Lo stesso canone fondamentale del processo accusatorio è messo in difficoltà dalla dimensione digitale della fattispecie. Le prove acquisite in fase di indagine giungono al processo già cristallizzate; ed alla difesa, nell’impossibilità di concorrere alla loro formazione in contraddittorio, non resta che sostanziare il dibattimento alla stregua di un’analisi critica dell’attività inquirente, scontando la modernità della electronic evidence in una rivisitazione sostanziale dell’istruttoria nel vecchio rito penale.
Con un taglio necessariamente proiettato all’ordinamento internazionale, i saggi raccolti intendono sollecitare una riflessione su questi – ed altri – temi che configurano le declinazioni attuali dell’acquisizione della “cloud evidence”, tratti da un ciclo di incontri tenuto al Palazzo di Giustizia di Milano a cura della Struttura territoriale di Milano della Scuola Superiore della Magistratura e di IISFA.

AUTORI DEI CONTRIBUTI: Roberto Alfonso, Stefano Aterno, Maria Angela Biasotti, Cristina Bringheli, Francesco Cajani, Davide D’Agostino, Mattia Epifani, Sarah Dipietrangelo, Cesare Parodi, Carmine Pirozzoli, Cristina Posa, Gianpaolo Maria Ruotolo, Alexander Seger, Giuseppe Specchio, Filippo Spiezia, Fabrizio Turchi.