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C'è stato un tempo in cui la tribuna della Royal Enclosure ad Ascot era davvero un luogo sacro, in cui principi e duchesse, famose bellezze e milionari passeggiavano sui prati curati in haute couture, e Edoardo VIII poteva accogliere l'incauto aristocratico che osò presentarsi un giorno in giacca di tweed con un: «Sta andando a caccia di topi, per caso?». Oggi, però, tra i visitatori della Enclosure fanno bella mostra di sé soprattutto uomini d'affari di mezza età accompagnati da consorti in chiassose mise di chiffon. I membri della più ristretta e antica aristocrazia inglese non hanno, tuttavia, cessato per questo di trarre un piacere quasi commovente dal vestirsi e comportarsi ad Ascot come se fossero a un elegante ed esclusivo evento fatto apposta per loro, e se ne vanno in giro per la Royal Enclosure salutandosi l'un l'altro come se partecipassero a un raduno ai giardini di Ranelagh nel 1770. Dalle gradinate della tribuna, Edith Lavery, la giovane e attraente figlia di un noto revisore di conti londinese, li sta, in questo momento, guardando con curiosità e attenzione. Edith non conosce nessuno di loro, nessun principe e nessuna duchessa, anche se, dopo il cocktail party che ha dato al Claridge, è stata ricevuta dalle figlie di svariati pari d'Inghilterra, compreso un duca. La sua frequentazione dell'upper class londinese (della «corte», come dice con una certa ironia sua madre) è però finita lì. Del resto, Edith non vive in un castello in campagna, ma in un appartamento su Elm Park Gardens, nella parte sbagliata di Chelsea; e la galleria dei ritratti della sua famiglia si arresta miseramente al nonno di suo padre, immigrato ebreo giunto in Inghilterra nel 1905 per sfuggire ai pogrom del defunto e non compianto zar Nicola. In compagnia di un attore e di una coppia di amici, Edith attende con pazienza l'arrivo della famiglia reale e pensa che nessun conte, nessun principe e nessun duca noterà la sua grazia giovanile, il suo elegante tailleur di lino celeste, il suo cappellino tondo senza tesa che le scende lievemente sulla fronte e le dà un'aria frivola e così sobria e chic, così in netto contrasto con le matrone di Ascot e i loro fronzoli di organza. Quello che l'attraente figlia del revisore di conti ignora è che, subito dopo la giovanile figura di Zara Phillips, l'unica esponente della famiglia reale presente in succinto abbigliamento da spiaggia, davanti ai suoi occhi appariranno i lineamenti carnosi e affabili di Charles, conte di Broughton, erede del marchese di Uckfield, figlio di Lady Uckfieldy, la celebre e terribile Googie, ancien riche che ha accresciuto la sua ricchezza con la Thatcher e l'ha raddoppiata con l'accomodante New Labour, aristocratico purissimo e… suo prossimo consorte. Con la sua scrittura elegante, misurata e ironica, che «ricorda Jane Austen e Ewelyn Waugh» (Tim Lott), Julian Fellowes ci offre, con Snob, un romanzo esilarante che ci svela i codici, i rituali, le abitudini di un mondo ostinatamente chiuso in se stesso e ossessionato dal pericolo di nouveaux riches e parvenus d'ogni specie.