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"Si può pregare il Motore immoto?". È questa la domanda con la quale Marino Gentile più volte si è misurato nel corso della vita terrena e per la quale, nel suo declinare, ha trovato una risposta complessa e lineare insieme. "Può darsi che nella maggior parte delle preghiere che si fanno prevalga il rapporto utilitaristico del do ut des, ma la loro natura impetratoria non può prescindere dall'atteggiamento pregiudiziale dell'adorazione, cioè dal riconoscimento della trascendenza del destinatario, ossia, come risulta da un'ulteriore analisi, dal suo carattere di Motore immoto. V'è di più. Proprio perchè la preghiera è rivolta ad un'intelligenza suprema, essa raggiunge sempre un grado di soddisfazione, perchè, se manca l'esaudimento della petizione particolare in cui essa si concreta, rimane la persuasione di un ordine nel quale le petizioni giuste non possono non essere esaudite. Questa condizione non appartiene a forme particolarmente elevate di spiritualità , bensì contrassegna anche la mentalità comune, in quanto anche se uno prèga con la più rozza immediatezza, sa che v'è 'un giusto e sant'Iddio' e non perde la speranza che alla fine si faccia valere la giustizia, ossia ciò in cui nome viene fatta la petizione". Una risposta illuminante il modo di porsi di fronte all'esperienza, realista e globale, laico e fedele, che ha connotato la vita e l'opera di Marino Gentile, come traspare anche dai saggi qui raccolti da studiosi della sua e d'altre scuole nazionali, che ne sondano la valenza storiografica e teoretica, scientifica, etica e politica, e che induce il Curatore di questa raccolta a concludere notando com'egli sia «stato non solo un docente e uno studioso di filosofia, come ogni professore universitario di questa disciplina è tenuto ad essere, bensì anche un filosofo nel senso più pieno del termine, cioè l'autore di un pensiero filosofico originale e profondo, qualità molto più difficile da possedere che quella di professore universitario di filosofia. Per i suoi allievi è stato uno dei maggiori filosofi del Novecento, il cui pensiero merita non solo di essere ricordato e studiato, ma anche di essere riproposto come valido ancor oggi, cioè - secondo quanto lui stesso avrebbe detto, anche se non di sè - come classico ».
Enrico Berti, allievo di Marino Gentile a Padova negli Anni Cinquanta, oggi Accademico dei Lincei, studioso tra i più noti al mondo del pensiero di Aristotele, ha esteso le sue ricerche dalla filosofia antica a quella moderna e contemporanea, interessandosi della struttura logica del discorso filosofico e delle sue ricadute nel campo della morale e della politica. Attualmente dirige il Dipartimento di Filosofia dell'Università di Padova.