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Progressi e sfide della nematologia è il titolo della conferenza, ben poco partecipata, in cui Arthur e Kevin si incontrano per la prima volta. Nematologia, cioè lo studio dei vermi. Pardon, lombrichi. La sede è una delle aule ipermoderne dell’istituto AgroParisTech, inspiegabilmente trasferito dalle campagne dell’Île-deFrance alla spianata di cemento dell’altopiano di Saclay: un’infilata di centri commerciali e isole spartitraffico da cui è più che mai arduo immaginare un futuro verde per la nazione. Eppure sono proprio i lombrichi, arringa il relatore, uno dei migliori strumenti a disposizione per aggiustare il pianeta: sanno trasformare i rifiuti, anche quelli umani, in fine e ricco terriccio nero – humus. Un’idea semplice ma robusta che, a partire da quel giorno in aula, mette radici nella mente dei due protagonisti e germoglia in un’amicizia tenace, anche quando i loro percorsi si allontanano: Arthur, isolato nella grande tenuta di famiglia in Bassa Normandia, si ripropone di salvare ettari di terreno dilaniato dai pesticidi; Kevin invece, di origini modeste, ripone le sue speranze in una start-up di vermicompostaggio che ben presto spicca, anche economicamente, il volo. In gioco non c’è solo il destino individuale, ma la sopravvivenza di tutto, dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo. Per entrambi, tuttavia, si preparano tempi amari: capitalismo e greenwashing insidieranno i loro ideali fino a creare uno squarcio nella loro amicizia e nella loro identità. Uno squarcio che esige immediata riparazione. Anche a costo della vita. Apocalittico, feroce, polemico e incendiario, Humus è «Le illusioni perdute di un Balzac iscritto al partito ecologista» (L’Obs), il ritratto di un presente ipocrita e opportunista, il racconto definitivo delle ansie di una generazione. Le gambe affondavano nel fango fino a metà polpaccio. Era una sensazione strana, come essere attirati verso un fondo senza fondo, spugnoso e organico, una terra viva che poteva risucchiarli e digerirli in un istante. La riva emanava un odore acre, come di sudore vegetale. Arthur faceva scorrere tra le dita delle lenticchie d’acqua, monete d’oro verde. Anche costretta in uno spazio così ridotto, la natura si era ripresa la sua libertà. «Humus appartiene a quel genere di romanzi ultracontemporanei e ultradocumentati, di volta in volta satirici, polemici, erotici e infine distopici, di cui finora solo Houellebecq deteneva il segreto». L’Obs «Un romanzo che mette al centro i lombrichi e la loro capacità di rigenerare il suolo: il talento di Gaspard Kœnig lo rende, oltre che grande, anche sorprendente». Le Figaro