دانلود کتاب Principi elementari del marxismo Vol.6 Socialismo e Comunismo
by Kuusinen, Arbatov, Beliakov, Makarovski, Mileikovski, Sitkovski, Sceidin, Vygodski
|
عنوان فارسی: Principi elementari مارکسیسم Vol.6 سوسیالیسم و کمونیسم |
دانلود کتاب
جزییات کتاب
vol.2 http://libgen.io/item/index.php?md5=4EC0674CE33FDEADC2BD7E85ADE17DFB
vol.3 http://libgen.io/item/index.php?md5=0925DD85E10AA518FDE0733C664E7C36
vol.4 http://libgen.io/item/index.php?md5=68CA0C03BF943790B70E5824B6066869
vol.5 http://libgen.io/item/index.php?md5=C11E127ED031EA2055D0FEC51B18E42E
La rivoluzione socialista porta al potere i lavoratori. Le classi sfruttatrici — i capitalisti e i grandi proprietari fondiari — vengono allontanati dal potere politico, ma non escono ancora dalla scena della lotta di classe.
Con la rivoluzione socialista ha inizio il periodo di transizione dal capitalismo al socialismo, il periodo in cui si produce la trasformazione rivoluzionaria della società capitalistica in società socialista.
La forza che realizza tale trasformazione non può essere che la dittatura rivoluzionaria del proletariato.
Che cos’è la dittatura del proletariato? La dittatura del proletariato è il potere dei lavoratori, diretto dalla classe operaia e tendente a costruire il socialismo.
La rivoluzione socialista colpisce gli interessi vitali delle classi sfruttatrici scacciate dal potere. Perciò l’avvento al potere della classe operaia e la linea politica della costruzione del socialismo incontrano l’accanita resistenza delle classi sfruttatrici rovesciate.
Inoltre, fino a che queste classi non sono scomparse, fino a che sussistono le condizioni economiche che ne permettono l’esistenza, rimane anche il pericolo di una restaurazione dei vecchi ordinamenti capitalistici.
La rivoluzione socialista è la trasformazione sociale più profonda perché sopprime ogni forma di sfruttamento; essa deve perciò superare una resistenza particolarmente accanita.
Fino a che il periodo di transizione non è giunto alla fine, diceva Lenin, «gli sfruttatori conservano inevitabilmente la speranza in una restaurazione, e questa speranza si traduce in tentativi di restaurazione. Anche dopo la prima disfatta seria, gli sfruttatori rovesciati, che non si aspettavano di esserlo, che non ci credevano, che non ne ammettevano neanche l’idea, si scagliavano nella battaglia con energia decuplicata, con furiosa passione, con odio cento volte più intenso, per riconquistare il "paradiso" perduto alle loro famiglie, che vivevano una vita così dolce e che la "canaglia popolare" condanna ora alla rovina e alla miseria (o a un lavoro "ordinario")».
Le classi sfruttatrici rovesciate, finché non saranno private interamente della proprietà privata dei mezzi di produzione, conserveranno certe posizioni economiche. E cercheranno di sfruttarle per sabotare e disorganizzare la economia. Perduto il potere politico, la borghesia cercherà di prendersi la rivincita nel campo economico, di creare al nuovo potere difficoltà insormontabili.
Nel primo periodo dopo la rivoluzione i rappresentanti delle vecchie classi dirigenti hanno anche altri vantaggi sul popolo. Hanno un grado di cultura più elevato, maggiore esperienza nella gestione dell’economia, contatti permanenti e profondi con gli ingegneri e il personale tecnico, con i capi militari. La borghesia è in grado, per un certo periodo, di influire sulle masse ideologicamente e politicamente. La sua influenza è pericolosa perché i lavoratori non si liberano subito dalle secolari abitudini generate dalla società basata sullo sfruttamento.
Perciò, per consolidare la vittoria della rivoluzione e paralizzare la resistenza delle classi rovesciate, si è sempre reso necessario un potere forte, un potere deciso, in caso di necessità, a ricorrere a misure coercitive. Ciò conferma la tesi del marxismo-leninismo che nel passaggio dal capitalismo al socialismo la dittatura è inevitabile.
Il problema della dittatura del proletariato è al centro dei dissensi ideologici tra i marxisti-leninisti e i riformisti. La teoria della dittatura proletaria come unico mezzo per liquidare la società sfruttatrice è sempre stata e sarà sempre il banco di prova della sincerità e serietà delle aspirazioni socialiste dei partiti operai e dei loro dirigenti.
Chi si limita a riconoscere la sola lotta di classe non è ancora un marxista. Come ha detto Lenin, « marxista è soltanto colui che estende il riconoscimento della lotta delle classi sino al riconoscimento della dittatura del proletariato. In questo consiste la differenza più profonda tra il marxista e il piccolo (e anche grande) borghese di dozzina. E’ questo il punto attorno al quale bisogna mettere alla prova la comprensione e il riconoscimento effettivi del marxismo ». Senza la conquista del potere politico, senza la dittatura del proletariato il socialismo non può trionfare.
Marx scriveva:
« ...Dopo che è scomparsa la subordinazione asservitrice degli individui alla divisione del lavoro, e quindi, anche il contrasto fra lavoro intellettuale e fisico; dopo che il lavoro non è divenuto soltanto mezzo di vita, ma anche il primo bisogno della vita; dopo che con lo sviluppo onnilaterale degli individui sono cresciute anche le forze produttive e tutte le sorgenti della ricchezza collettiva scorrono in tutta la loro pienezza,... la società può scrivere sulle sue bandiere: da ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni ».
La secolare aspirazione umana all’abbondanza dei beni diventa realtà. La trasformazione socialista della società mette fine alla proprietà privata dei mezzi di produzione, allo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo e agli ordinamenti sociali ingiusti.
Il comunismo è una società ulteriore che mette fine una volta per tutte al bisogno e alla miseria, assicurando il benessere a tutti i cittadini.
Con il comunismo, come con qualsiasi altro sistema sociale, il lavoro dell’uomo resta l’unica fonte di tutti i valori.
Il principio incrollabile del regime comunista è: da ciascuno secondo le sue capacità.
In primo luogo, assicurando uno sviluppo onnilaterale della personalità, le condizioni del sistema comunista portano allo sviluppo di tutte le facoltà dell’uomo; con ciò rendono il lavoro, fatto nella misura delle proprie capacità, molto più produttivo.
In secondo luogo, nella società socialista, come è noto, sono decisivi gli stimoli materiali che agiscono insieme con gli incentivi morali. Con il comunismo, invece, tutti i membri della società lavoreranno sotto la spinta degli impulsi morali, della coscienza.
In altre parole il lavoro sarà gratuito, cosi come gratuito sarà il soddisfacimento di tutti i bisogni dei lavoratori.
E’ chiaro che il lavoro potrà trasformarsi in abitudine e bisogno vitale di ogni uomo solo quando sarà mutato il carattere stesso dell’attività lavorativa; una delle condizioni principali per questo mutamento si ha già nel socialismo dove scompare lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo.
Il lavoro delle macchine sostituirà il lavoro monotono che logora l’organismo. Il tempo speso nel lavoro continuerà a diminuire. Infine sarà liquidata la vecchia divisione del lavoro che abbrutisce l’uomo inchiodandolo per tutta la vita alla stessa professione, come un forzato alla catena, ostacolando lo sviluppo delle sue facoltà e inclinazioni.
Con il comunismo il lavoro dell’uomo sarà liberato da tutti gli oneri che per migliaia di anni lo hanno reso un giogo gravoso. Non diventerà soltanto libero, ma veramente creativo. Con la produzione automatizzata della società comunista,
-gli uomini dedicheranno alla produzione 20-25 ore alla settimana (cioè circa 4-5 ore al giorno) e, con il tempo, anche meno;
-ogni uomo potrà scegliere l’occupazione più corrispondente alle proprie inclinazioni e capacità, e cambiarla quando lo desideri;
-tutte le facoltà umane troveranno pieno sviluppo e applicazione sia nel processo dell’attività produttiva che durante il tempo libero;
-lavorando, l’uomo non penserà al salario perché la società penserà a soddisfare tutti i suoi bisogni;
-nella società il lavoro sarà per tutti la misura del valore dell’individuo.
Date queste circostanze, il lavoro si trasformerà naturalmente in un atto libero, volontario, in un bisogno interiore, in un’abitudine di tutti i cittadini, perché il lavoro creativo appare a qualsiasi uomo normale, come scrisse Engels, « il divertimento più completo di cui abbiamo conoscenza ».
Marx scriveva che « il lavoro libero, per esempio il lavoro di un musicista, è nello stesso tempo una faccenda diabolicamente seria che richiede una grande tensione ». Non meno serio è il lavoro del costruttore, dell’inventore, dello scrittore, insomma ogni lavoro creativo.
E’ molto probabile che oltre all’attività produttiva fondamentale che occuperà soltanto una parte insignificante della giornata, molti uomini vogliano interessarsi di scienza, arte, letteratura, ecc. Il livello della cultura generale e specifica di milioni di persone sarà così alto che tutte queste forme di « attività dilettantistica » daranno un contributo sempre più grande allo sviluppo della società.